Il pensiero di un tifoso:”Excusatio non petita, accusatio manifesta”
Urbano Cairo si presenta ai suoi fedeli sottoposti come il direttore della megaditta di Fantozzi.
Lo fa con un video motivazionale di rara bellezza poetica, talmente caricaturale da sembrare parodistico.
Per un attimo quasi ci caschi: pensi ad un doppiaggio artigianale o ad un abile montaggio da parte di qualche buontempone, in extema ratio ad uno sketch stile Burioni con Cattelan.
Invece no: è tutto tragicamente vero.
Look da manager rampante anni ‘80, linguaggine molto bene allenata come il
re dei piazzisti, mani vibranti che si sfregano luna con l’altra, linguetta che rotea alla velocità della luce.
Urbano, in piena trance agonistica pre match carica i suoi giocatori come nemmeno Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”.
Snocciola dati e numeri, parla di entusiasmo, di opportunità da cogliere, sottolinea più volte come nessuno riesca a dirgli di no.
Da Beretta a Zanetti passando per Dompè e Starace, non c’è un imprenditore che possa resistere dal mettere i suoi soldi nelle tasche del Napoleone di Masio: tutti lo amano, tutti lo cercano, tutti lo vogliono….Figaro gli fa una pippa con la mancina.
Descrive belle signore spendaccione in farmacia e di mariti che le “accontentano”.
Parla di gente che a casa si annoia, guarda la7 e poi spinge come non mai sull’e-commerce…e lo fa in barba ad ogni idea di buon senso che suggerirebbe di limitare gli acquisti ai soli beni di prima necessità per non sovraccaricare un sistema già quasi al collasso.
Idealizza un paese vivo, vitale, energico, che non vede l’ora di mettere mano al portafogli, soprattutto per far ancora più ricco lui.
Evidentemente si era confuso con Bengodi.
L’Italia di questi giorni drammatici è un enorme lazzaretto deserto, all’interno del quale monatti in uniforme caricano i cadaveri degli appestati su camion militari, negando loro persino l’ultimo saluto dei cari.
È una nazione in ginocchio, i cui abitanti hanno presto capito che non si sarebbero salvati cantando a squarciagola sui balconi o dipingendo arcobaleni.
Qualcuno potrebbe obiettare che si tratti di un video motivazionale “sfuggito di mano”, e che comunque Cairo stia semplicemente difendendo i suoi interessi imprenditoriali.
Tutto a posto quindi?
Pare di no, tanto è vero che il munifico mecenate, vista l’immediata viralità della sua splendida performance interpretativa, sente il bisogno impellente di concedere il bis.
Questa volta l’impronta è completamente differente: dimessa, contenuta, quasi solenne.
La missiva di Urby, -nel senso di Urbano-, agli orbi -unici che ancora potrebbero essere giustificati dal non aver ancora ben compreso la natura del personaggio in questione-assume i toni gravi e marziali di un messaggio alla nazione.
Cairo si presenta davanti alla macchina da presa vestito come Bertinotti al terzo congresso di Rifondazione: pantalone verdognolo di velluto, cardigan bordeaux, giacca color cacca di cane in diarrea.
Gli manca il porta occhiali in cuoio a tracolla e sarebbe un’imitazione perfetta: Corrado Guzzanti spostati proprio.
Parla di senso di responsabilità, di parole travisate, ribadisce che è stato fra i primi ad invocare misure rigorose…salvo poi non metterle in atto presso i suoi dipendenti, che difatti si sono ammalati ed hanno denunciato gravi mancanze presso il loro sindacato.
È una macchietta nella macchietta: la parte dell’umile e del contrito non gli si addice per niente…e infatti dura poco.
Riparte subito all’attacco sottolinea come abbia 4500 dipendenti, ribadisce i nomi delle testate del suo gruppo, della sua emittente televisiva, e via di nuovo con numeri e fatturati…
Proprio non ce la fa.
Excusatio non petita accusatio manifesta, appunto….o se preferite, come si dice: il culo è avvezzo al peto, non si può tenerlo cheto.
E.B.