L'ultima intervista a Gigi Radice - IL TORO SIAMO NOI
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L’ultima intervista a Gigi Radice


Prima che la malattia lo aggredisse definitivamente Gigi Radice concesse un’intervista alla Gazzetta dello Sport.Si tratta di una chiacchierata fatta con Germano Bovolenta.

Ecco i punti salienti. “Castellini, il portiere, non lo chiamavo Luciano ma Giaguaro, perché appunto faceva dei balzi felini. Prima delle partite accusava forti tensioni nervose. Ma non era il solo: più passava il tempo, più si facevano risultati, più si parlava di scudetto e più la tensione aumentava”.

UNO PER UNO — Tocca ai quattro difensori. “Caporale dietro tutti a fare il libero. Bravissimo. Veniva dal Bologna dove non aveva il posto garantito. Con noi si è reinventato: una grande sorpresa. Tempista, tecnico, elegante”. Mozzini, lo stopper. “Forte, robusto, sereno. Di lui dicevano: più che in campo te lo immagineresti dietro uno sportello bancario. Sempre sorridente, gran lavoratore». Terzino di fascia destra, Nello Santin. “Era un marcatore per vocazione. Lo conoscevo bene dai tempi del Milan: lui cominciava e io smettevo. Ha fatto cose egregie anche con la Sampdoria ma con noi è esploso». Terzino sinistro, Salvadori “Veniva dalla C ed era maturato con il Toro. Sembrava, a prima vista, un pò fragile. Solo a prima vista. Si trattava invece di un giocatore completo: buona falcata, scatto, controllo intelligente dell’ avversario. Una difesa bene assortita, al punto da sfiorare la perfezione”.

FATICA E CERVELLO — Il centrocampo. “Ne piazzavo tre, come fa adesso chi gioca un calcio modernissimo. Pecci al centro, Zaccarelli a sinistra e Patrizio Sala a destra. Zac era un incursore dal dribbling rapido, volava e batteva con prepotenza. Centrocampista classico ma sapeva fare anche la mezza punta, marcare e impostare. Patrizio, che veniva dal Monza serie C, grandissimo altruista, sempre in aiuto. Di tutti, con naturalezza e semplicità, di una utilità estrema. Eraldo Pecci, il regista, sapeva correre e impostare, piedi e cervello. Indispensabile, come lo era Claudio Sala…”

INVENTORI E REALIZZATORI — “Non vorrei fare torti agli altri. Erano tutti indispensabili. Però Claudio lo conoscevo dai tempi di Monza. Aveva fantasia, era astuto, sapeva lanciare, andare sul fondo e crossare. Sapeva fare tutto con disarmante semplicità: cioè quella del fuoriclasse. E gli altri due dell’attacco, Graziani e Pulici, traducevano, realizzavano. Graziani stava al centro, gran destro, gran sinistro, ottimo colpo di testa. Ma, soprattutto, tornava, dava una mano: il più moderno dei centravanti italiani. Pulici? Eccezionale forza fisica, colpi improvvisi. Lo hanno chiamato Puliciclone. Giusto. Era un vero ciclone, partiva da sinistra attirato dalla rete e in rete andava: aveva il gol nel sangue e dici tutto”. Ecco, campioni granata del 1976, queste le righe dedicatevi dal vostro mister sulle pagine rosa. Sappiamo che le conserverete fra le cose più care della vostra carriera.


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