LA MEDIOCRITÀ DELL’ERA CAIRO - IL TORO SIAMO NOI
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LA MEDIOCRITÀ DELL’ERA CAIRO


Riportiamo l’articolo odierno su Tuttosport di Andrea Pavan:

Al netto dei tifosi accontentisti figli inconsapevoli dell’aurea (per le casse societarie) mediocritas che da tredici anni contraddistingue la reggenza Cairo, la verità è che per perdere un derby così – il derby, avete presente? Quella cosa che una volta il Toro vinceva – tanto vale perderlo come un anno fa lo aveva perso Mihajlovic. In questo stadio, almeno, per un’ora il metodo-Sinisa aveva fatto stringere le chiappe alla Juve, arrivando con Ljajic a un centimetro dall’estasi vittoria – dopo un assalto garibaldino – prima di venire ribaltato per eccesso di fede nel tremendismo a oltranza. Ieri, sul fronte granata, s’è visto solo inanismo e, volendo, si può sempre comprare una vocale. Manco un tiro in porta serio in 96 minuti, manco un quarto d’ora – macché, trenta secondi – di furore, un Belotti penoso allo sconcertante confronto (più stop sbagliati che falli subiti, assenteismi ingiustificati e, in avvio, l’unica vera palla gol buttata via con un controllo maldestro: Obi avrebbe fatto meglio a puntare la porta), un titìc e titòc che in certi momenti ha fatto aleggiare sul vecchio Comunale lo spettro inquietante di Ventura, nemmeno uno spezzone finale per chiedere all’emarginato Ljajic un po’ di quella fantasia e verve (un uomo saltato, una punizione ben battuta, un assist imprevedibile) che hanno fatto sembrare Bernardeschi un marziano del pallone al confronto dei pedatori/corridori granata, tra i quali si è distinto ancora una volta per scarsa personalità il vacuo Baselli. Bernardeschi che, con la sua capacità di riciclare ogni palla intercettata in una ripartenza filante col contagiri, non ha fatto rimpiangere l’Higuain sostituito già dopo 15’, anzi; con Allegri che si è perfino permesso il lusso di sostituirlo a sua volta, nel finale, mentre gli juventini gestivano la poco sudata vittoria con passaggi in serie a mo’ di torello e qualche teatrino in zona corner. Neppure l’arbitro a cui aggrapparsi, stavolta, al di là del possibile fallo su Ansaldi negato dal Var e dal metro di giudizio uniforme un po’ british di Orsato, e di un mezzo cazzotto impunito di Chiellini al Gallo spiumato. E d’accordo che anche la Juve 2 è più ricca e forte del Toro 1, ma ieri gestiva in serenità con gli Asamoah e i De Sciglio, gli Sturaro e i Rugani, mentre Alex Sandro sembrava Pelé e Pjanic, per ingabbiare il quale si era lavorato una settimana al Fila, ha dispensato qualità di bosco e applicazione tattica di riviera. Va da sé che, considerando l’assenza di Mandzukic e l’ingresso solo nel finale del convalescente Dybala (che comunque in due minuti è riuscito a crearsi tre occasioni da gol), insomma una Juve senza attaccanti di ruolo, vien da chiedersi quando mai il Toro potrà (vorrà) pensare di farle del male senza accontentarsi di limitare i danni. E vien da chiedersi anche come un tifoso granata possa essere “soddisfatto” di avere perso “solo” 1-0. Il calcio, e soprattutto il Toro, è un’altra cosa. Magari, se prima della partita fossero passati al Filadelfia, invece di snobbare chi (noi compresi) glielo aveva chiesto, forse qualcuno di loro lo avrebbe capito. E non avrebbe giocato un derby come se fosse un comitato di autogestione delle risorse. Limitate, peraltro. Perché al mercato di gennaio, ovvio, non serviva niente.

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