Il pensiero di un tifoso:"Cairo se ne deve andare" - IL TORO SIAMO NOI
Il pensiero di un tifoso:"Cairo se ne deve andare" - IL TORO SIAMO NOI

Il pensiero di un tifoso:”Cairo se ne deve andare”


Fatico a dormire la notte, nonostante la ripetizione di riti e metodi da anni consolidati ed efficaci nel farmi prendere sonno. Resto lì e penso. Troppo ferma la mente e le mani abituate a darsi da fare.

Nell’approfittare del tempo, riscoprendo i più disparati interessi, arriva la voglia di scrivere, collegata a una voglia irresistibile di calcio.

Video, gol, derby, Bruno Peres, ma finisce due a uno allora meglio fermarsi a quello scatto da centometrista del terzino alcolista, Ljacic punizione pazzesca, ma pareggiano all’ultimo e al serbo piaceva venire al Fila con la Ferrari, e Lukic sull’errore di Pjianic e settantacinque minuti dietro la linea del pallone ma non basta finisce come sempre, il commento della sintesi che ferma le speranze di corsa Champions del Toro, l’entusiasmante cavalcata con sette passaggi giusti oltre la metà campo dei Walterboys in tutto il campionato, figli della difesa a cinque e entusiasmo come se piovesse, il Vate docet.

A parte l’obbligo all’autolesionismo del non farcela praticamente mai a portarla a casa, nella semi gioia di gol di derby recenti, pensare al calcio, e quindi al Toro, obbliga a un paio di riflessioni decisamente struggenti e purtroppo quotidiane in casa nostra. La prima è che il Torino degli ultimi, non so quanti anni, io ne ho trenta e mi hanno raccontato che c’era qualcosa di bello più o meno quando nascevo, non ci rappresenta. Ma non si parla di risultati e vittorie. Si parla di passione, di etica del club, di senso di appartenenza, di legame indissolubile tra tifosi, club e tessuto urbano. Un po’ come quelli de l’Union Berlin che si sono autofinanziati lo stadio con il loro manuale lavoro di costruzione dell’opera. Per me questo è il calcio e il legame al suo popolo ne è linfa vitale. Il necessario interscambio emotivo che si crea tra club e ambiente da noi è completamente morto.

La secondo riflessione, strettamente connessa alla prima e la Proprietà.

Urbano Cairo, ci ho riflettuto parecchio, levati dai coglioni.

Il fatto scatenante è che in un momento storico di pandemia mondiale si stiano malignamente covando progetti di espansione economica in larga scala guidando i tuoi adepti alla conquista dei migliori piazzamenti pubblicitari, mi fa ribrezzo. Mi spinge moralmente a sentirmi obbligato a dire e provare qualcosa. Io voglio approfittare del momento per chiederti di levarti finalmente dalle palle.

Su molti aspetti da domani il calcio potrebbe non essere più l’ottimo business che è stato per voi speculatori di capitali e distruttori di passioni. Quella passione che è già anestetizzata da un calcio schiavo del denaro ogni dove, qui da noi è completamente uccisa dalla visione di un fiore di plastica, che mai muore ma mai cresce ne profuma.

Non ci sono acquirenti? Non mi interessa. Il Torino lo comprano i suoi tifosi. Azionariato Popolare totale. Il Torino diventerà una comune calcistica e i suoi tifosi, tutti, ne saranno proprietari, responsabili e con poteri decisionali. Sarà nostro merito, o nostra colpa, ogni gioia, dolore, vittoria, sconfitta, progetto e miglioramento.

Sto pensando questo Urbano. Gradirei che la nostra proposta fosse ascoltata e accettata, valutando vantaggi sia per te che soprattutto per noi.

Tu hai preso il Toro ai pochi soldi che sappiamo tutti, non ho nessuna voglia di entrare nel merito e di giocare all’economista, a ognuno il suo e io faccio altro per campa’. Hai speculato parecchio, hai venduto bene diversi giocatori e non hai investito molto. Contabilità spiccia, di piazza, non credo tu ci sia sotto. Anzi.

Vuoi ancora monetizzare qualcosa? Vai, prego. Vendi chi vuoi. Se Belotti andrà altrove mi dispiacerà ma me ne farò una ragione. Fatti ancora due soldi sporchi, ma poi te ne vai.

Cedi la proprietà ai suoi tifosi, che firmeranno un atto di proprietà comune, senza soci di maggioranza ne capitali investitori. Niente di tutto ciò. Il Torino si autofinanzierà, tramite tutti i canali che già sono abitualmente utilizzati nel mondo dello sport: televisioni, sponsor, vendita di beni.

Ma sarà gestito dai suoi tifosi, comproprietari e quindi egualmente responsabili, in un complesso di assemblee decisionali in larga scala.

Ci si affiderà, dove necessario, a professionisti del settore, ma ogni decisione importante verrà discussa e argomentata.

Signori, e parlo ai tifosi, peggio non possiamo fare. Lo sport come etica dovrebbe essere del popolo e non dei miliardari incravattati. Il Torino deve essere dei suoi tifosi, che lo dirigeranno con passione e criterio per il proprio bene comune, il proprio amore comune, la propria storia comune.

Il museo, lo stadio, lo staff, i dirigenti, persino i calciatori, saranno decisi dai proprietari del club. Signori questo non è utopistico, non lo è soprattutto dal punto di vista economico. Urbano manteneva i conti in ordine senza investire capitale, alimentando un meccanismo di autosussistenza. Possiamo farlo noi, possiamo farlo meglio e possiamo impedire che con questo sistema si arricchisca un privato che fa i propri interessi arricchendo la propria dinastia e il proprio personale patrimonio usurpando quotidianamente la nostra fede.

I profitti, per quello che per tutti noi è una passione e un amore, non dovranno esserci. Saranno reinvestiti nel club e ad ogni modo non riempiranno le tasche di nessuno. Nessuno. Nessuno deve guadagnare con il Torino. Il Torino si autososterrà, e sarà portatore di un messaggio differente di come una società di calcio può abbandonare l’etica capitalista e abbracciare quelli che sono i legittimi proprietari e difensori della storia di un club, i suoi tifosi.

Il prezzo? Zero dottor Cairo, grazie. Direi che hai speculato abbastanza in quindici anni. Ogni tifoso donerà una quota associativa, precedentemente studiata, per sopperire alle spese iniziali di gestione e di assemblea. Ogni questione sarà discussa e argomentata, ancor prima che votata, permettendo così il progredire delle migliori idee. Hai un progetto sul nuovo stadio? Portalo, si discute e si vaglia con tutti i soci.

Arriverei anche a un concetto di abolizione della proprietà privata con questo Torino, ma ci fermiamo qua. La proprietà nostra ci permette di evitare che un nuovo speculatore arrivi, appropriandosi di un club storico a un prezzo di discount. Non accadrà più. Il Torino Football Club appartiene al suo popolo.

Quando non riesco a dormire immagino cose strane Urbano, e in questi giorni penso a questo. Non mi scuso per aver abbandonato il formalismo del Lei, penso che ormai visto tutto sia superfluo.

In un momento tanto difficile per l’umanità, da cui ci rialzeremo come sempre abbiamo fatto, ci saranno molti cambiamenti e molte scelte che potranno cambiare il nostro modo di vivere.

Allarmato della situazione sanitaria, a cui si somma immediatamente dietro quella economica (buon momento eh?) e quella politica, dove la democrazia latita vacilla e lascia strada ai poteri dei singoli, di chi si impone e fa della forza la propria arma, credo sia bene comune di tutti noi tifosi dare un esempio di inversione di tendenza dalle nostre parti, abbattendo il muro del potere vigente per il bene di tutti.

Il Torino deve diventare il primo club italiano di proprietà dei suoi tifosi.

Non saremo adeguatamente competenti, ma peggio di te non possiamo fare. Un bambino perché impari a camminare bisogna lasciare che cada. Cadremo da soli grazie, senza più nessuno che specula sulla nostra leggenda.



Firmato Brusso, un tifoso.


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