Cairo e Agnelli spaccano la Lega calcio
Paolo Dal Pino, amministratore delegato di Telit, è il nuovo presidente della Serie A. Con 12 voti l’ex manager Pirelli ha battuto Gaetano Miccichè candidato in extremis da Urbano Cairo: il banchiere, dimessosi dalla guida della Confindustria del pallone in seguito alle irregolarità legate alla sua elezione nel 2018, ha ottenuto 7 voti. Dallo spoglio delle schede emerge quindi una profonda spaccatura all’interno del pallone tricolore: da un parte Lazio e Genoa (sono state le dichiarazioni di Enrico Preziosi a Business Insider a far cadere di fatto Miccichè) con Roma e Milan che hanno lavorato insieme per il manager milanese classe 1962; dall’altra Cairo insieme ad Agnelli, Sassuolo e Inter hanno provato a riprorre al vertice della Lega il numero uno di Banca Imi. Un colpo di scena che rischia di alimentare le tensioni all’interno della Serie A perché proprio mentre i presidenti cercavano di far convergere un’ampia maggioranza su Dal Pino, il presidente del Torino ha rilanciato la candidatura di Miccichè sostenuta anche dal presidente del Coni, Giovanni Malagò.
D’altra parte gli interessi in gioco sono fortissimi: il piano industriale della Lega calcio non decolla, le pay tv sono in sofferenza e il processo di internazionalizzazione è fermo al palo. Il rischio di un’asta per i diritti tv con la sola Sky in gara – Dazn non sembra nè in grado nè intenzionata a sfidare la controllata Comcast – è sempre più alto, motivo per cui i presidenti hanno spinto per ottenere una rapida inversione di rotta. Anche per questo prende quota – di nuovo – l’ipotesi del canale di Lega insieme a Mediapro: di fatto gli spagnoli propongono una sorta di paracadute, un minimo garantito che permetterebbe alla Serie A di fare comunque un bando di gara e poi scegliere l’opzione migliore per il triennio 2021-2024. Di certo i prossimi 6-8 mesi saranno cruciali per capire in quale direzione andrà il calcio italiano: prima del bando servono le linee guida che ancora latitano.
Il problema principale, per il quale più di tutti si è speso il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, resta l’internazionalizzazione. Serve una conoscenza approfondita dei differenti mercati e una presenza costante sul territorio: attività che la Serie A non è ancora riuscita a mettere in piedi e che non sembra ancora all’ordine del giorno. In questo senso il ruolo di Dal Pino può essere decisivo: è un manager esperto di media con un passato in Mondadori e nel Gruppo Espresso e poi di telecomunicazione con ruoli al vertice di Telecom, Wind, Pirelli e Telit e – soprattutto – ha svolto buona parte della propria carriera all’estero. Ma le sua capacità potrebbero non essere sufficiente perché come osservano gli esperti “per vendere serve anche un buon prodotto e oggi la Serie A ha perso molto del suo appeal”. Colpa di campionato per lunghi anni poco interessante, ma anche di strutture fatiscenti e stadi sempre più vuoti, senza dimenticare la piaga del razzismo che non viene debellata.
Un altro dei nodi riguarda il ruolo dell’amministratore delegato Luigi De Siervo che ha un contratto fino al 2021 – quando si terranno le prossime elezioni – e non pare intenzionato a dimettersi nonostante le ripetute gaffe, dallo spegnimento dei microfoni al manifesto antirazzismo con le scimmie che ha provato indignazione in tutto il mondo. Dal Pino non ha alcuna intenzione di essere un presidente di rappresentanza e vuole rilanciare il mondo del pallone: per questo chiede un ampio margine di manovra. E in quest’ottica dovrebbe andare le revisione dello statuto: nel frattempo i due potrebbero cercare di conoscersi e capire se le competenze dell’uno siano complementari a quelle dell’altro per il bene del calcio.