La storia di Coco: dal coma alla commozione cerebrale
La forza di sapersi rialzare, anche quando ti vengono messe di fronte prove terribili. Non è solo una questione di carriera (che ha avuto un momento di difficoltà), ma di salute, di vita. Saul Coco ha 25 anni, quando è arrivato a Malpensa per diventare il nuovo difensore del Torino era piena notte: un sorriso verso chi lo era venuto a prendere, un abbraccio e una parola: “Grazie”. Che sa proprio di riscatto.
Il coma farmacologico a causa di una puntura di zanzara
Per capirlo, bisogna tornare indietro di qualche anno. Dove due episodi spiegano bene cosa ci sia dietro quel “Grazie”. Il primo: la malaria. Era il dicembre 2019 e Saul era impegnato con la sua nazionale (ha scelto la Guinea Equatoriale, ma ha anche il passaporto spagnolo) che giocava contro il Tamaraceite. A fine partita comincia a sentirsi male. Viene ricoverato d’urgenza e viene indotto a coma farmacologico a causa di una puntura di zanzara che stava per costargli la vita. “Ci avevano detto che non avrebbe superato la notte” ha dichiarato il papà, che a Malpensa era al suo fianco per accompagnarlo in questi primi giorni italiani. Riprendersi da quello choc non è stato facile.
Dalle giovanili con l’Espanyol al prestito in Serie C
Perché questo ha saputo farlo sempre. Anche quando giocava nelle giovanili dell’Espanyol che prima gli aveva fatto intendere di poter crescere internamente al club, ma poi lo aveva prestato in Serie C all’Horta. Era il 2018, lui aveva accettato quella delusione enorme con sportività, si era rimboccato le maniche ed era andato avanti. Quindi la Serie B con le selezioni inferiori del Las Palmas, i traumi, la voglia di non smettere, fino a diventare un punto di riferimento della squadra dentro e fuori dal campo.
Al Torino per raccogliere l’eredità di Buongiorno
In Spagna lo chiamano tutti Saul e ha sempre al suo fianco la famiglia. Quando ha salutato i compagni, è stato festeggiato dai suoi compagni: “In bocca al lupo, Saul. Te lo meriti”, gli hanno detto. Non è stato capitano con la fascia, ma lo è stato per lo spogliatoio. E chi lo ha seguito bene, vede in lui un difensore non rapido nell’affondo, ma veloce nel capire le dinamiche di gioco, forte fisicamente e bravo di testa, con una buona capacità di impostare il gioco. Anche se da affinare. L’Italia può fare al caso suo e Vanoli è pronto a dargli una possibilità che il giocatore si è costruito passo dopo passo. E raccogliere l’eredità di Buongiorno è la sua sfida più bella. Non la più grande: quelle le ha già affrontate.
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